Qualche mese fa, si è più volte dibattuto un tema che mi sta molto a cuore e che ha creato un vero e proprio allarmismo mediatico scaturito dalla dichiarazione dell’Oms che ha definito le carni lavorate “cancerogene” inserendole nel gruppo 1 delle sostanze che causano il cancro.
Il 27 ottobre 2015, l’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Oms ha affermato che le carni lavorate come i wurstel ”sono cancerogene” e vanno inserite nel gruppo 1 delle sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta del fumo e del benzene. Meno a rischio quelle rosse non lavorate, inserite fra le ‘probabilmente cancerogene’.
Ritengo che più che analizzare nel dettaglio i dati trasmessi dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms che da anni, in realtà, ha messo in luce l’esistenza di un legame causa-effetto tra consumo di carne rossa e l’insorgenza di tumori al colon.
Penso che i mass media abbiano enfatizzato i dati creando un allarmismo eccessivo sul consumo di carne rossa, omettendo che in realtà l’Oms consiglia di limitare l’assunzione di carne e non di eliminarla, poiché l’assunzione “eccessiva” sia di carne lavorata che di carne rossa potrebbero predisporre all’insorgenze di malattie e cancro. A mio avviso non è necessario creare allarmismi, ma capire il grande bagaglio che la ricerca ci trasmette negli anni, ed in tal caso basta rispettare gli equilibri di una sana alimentazione per limitare i danni ambientali sulla nostra salute, primis in tutto è il danno indotto dalle nostre abitudini alimentari!
Personalmente penso che sia la quantità di carne assunta settimanalmente, la modalità di cottura (come quella alla brace rispetto alla cottura a vapore) e principalmente la tipologia di carne, incidano sul rischio cancerogeno in toto. La cosa realmente importante è quella di dirigersi verso scelte più sane, prediligendo la carne bianca, non trattata, povera in grassi e prestare attenzione alla modalità di cottura al fine di non alterarne le proprietà nutritive ed evitando la produzione di sostanze cancerogene.
In cosa differiscono le carni lavorate dalla carne rossa?
Le carni lavorate sono incriminate come alimento cancerogeno per la presenza di nitriti e nitrati che, in un ambiente acido, possono formare le nitrosammine le quali agiscono a livello del DNA causando danno.
Cosa si intende per carni lavorate?
Tale denominazione viene attribuita alla tipologia di carne che è andata incontro a processi di lavorazione in cui sono stati aggiunti altri ingredienti, spesso conservanti o esaltatori di sapidità chimici per aumentare il sapore o migliorare la conservazione del prodotto, come i processi di salatura, polimerizzazione, fermentazione, affumicatura ecc…
Ho parlato di una cottura sconsigliata, quella alla griglia. Perché secondo voi?
Quando decidiamo di fraee un barbecue e cuocere la carne alla griglia non stiamo facendo di certo una scelta salutistica perché con tale cottura si possono formare due sostanze carcinogene: le amine eterocicliche (HCAs), che si sviluppano con temperature altissime e gli idrocarburi policiclici aromatici (PAHs), che si formano allo sgocciolare del grasso sulle braci. Questi ultimi si depositano insieme al fumo su qualsiasi cosa si trovi in quel momento sulla piastra di cottura, compresa la carne.
Secondo il National Cancer Institute (NCI) di Bethesda (Maryland, USA) una dieta ricca di amine eterocicliche (HCAs) sarebbe collegata ad un incremento significativo del rischio di tumori a carico di organi quali mammella, colon, fegato, pelle, polmoni, prostata e altri. La presenza di alti livelli di PAH nella dieta sarebbe, invece, collegata ad una elevata incidenza di leucemie, tumori gastrointestinali ed a carico dei polmoni.
Perciò è lecito chiedersi, come possiamo sostituire la carne nella dieta?
La carne nella dieta può essere sostituita tranquillamente da alimenti di origine vegetale adeguatamente bilanciati. Un ottimo esempio di associazione alimentare sono “legumi & cereali”; perfetta per un apporto di amminoacidi e proteine essenziali ottimale, utilizzabili come sostituti della carne in quanto piatti completi dal punto di vista nutrizionale.
Come fare con l’assunzione di Ferro e vitamina B12?
Per quanto riguarda la vitamina B12 o cobalamina, sappiamo sia idrosolubile, non può essere prodotta sinteticamente ma si forma su colonie di batteri o muffe presenti soprattutto sulla carne. La principale fonte in cui trovare la vitamina B12 è certamente quella nelle proteine animali: fegato, rognone, la carne di muscolo, del pesce.
Pertanto le diete strettamente vegetariane sono ad alto rischio di deficienza in vitamina B12, difatti una dieta di questo tipo di una madre in gravidanza è pericolosa per il nascituro, specie se sarà in seguito allattato dalla madre: i danni neurologici possono essere irreversibili (Kuhne et al., 1991). Perciò i vegetariani, soprattutto se vegani, devono prevedere l’assunzione di un integratore di vitamina B12, o utilizzare cibi addizionati con questa vitamina. Invece i latto-ovo-vegetariani che non abbiano altri problemi che possano incidere sulla ridotta biodisponibilità della vitamina, e che consumino regolarmente cibi animali indiretti, “possono” essere in grado di soddisfare i fabbisogni anche senza l’assunzione di integratori. La fonte naturale della vitamina B12 sono i batteri. Pertanto, assumere un integratore di vitamina B12 prodotto da una sintesi batterica è un modo naturale di approvvigionarsene. Inoltre la flora batterica intestinale può contribuire, in alcuni individui, alla sintesi endogena della vitamina. Una carenza di vitamina B12 può svilupparsi anche dopo 2-3 anni che non si assumono più cibi animali, ma ci sono soggetti che possono svilupparla entro pochi mesi. Infatti, i fabbisogni di vitamina B12 sono estremamente variabili tra i diversi individui, ed i Livelli di Assunzione Raccomandati (RDA) per la popolazione italiana assicurano che, pur all’interno di questa variabilità, le dosi stabilite come necessarie garantiscano le richieste della maggioranza della popolazione (il 97,5%).
Per quanto riguarda il ferro è necessaria un’integrazione?
La nostra fortuna è che la natura dispone di una vasta disponibilità di prodotti vegetali contenenti una quantità di Ferro abbastanza rilevante, quali: alghe nori o Spirulina, i semi di sesamo e le germe di grano, i pistacchi, le mandorle secche e gli arachidi, le nocciole, i ceci, i fagioli di soia e il tofu, le barbabietole e il tanto amato cioccolato, fondente però!
L’unico fattore da considerare, per gli alimenti contenete Fe, è la differente biodisponibilità del minerale diverso tra le fonti animali e vegetali alimentari. Difatti la biodisponibilità del ferro è maggiore per gli alimenti di origine animale (data dalla presenza di ferro eme) rispetto alla fonte vegetale (che presenta ferro non eme). Ma molti non sanno che il processo di assorbimento del ferro “non eme” può essere sostenuto da piccoli accorgimenti, esempio: abbinando ad ogni alimento, ricco in ferro non eme (vegetale), alimenti contenenti vitamina C: agrumi come il succo di limone, cavoli, peperoni, rucola e lattuga, e l’acido citrico degli.
Di contro, molti elementi nutritivi presenti in alcuni alimenti, se assunti in concomitanza ad un pasto ricco in ferro, possono ridurne l’assorbimento: tra cui tannini, calcio, ossalati di calcio, fibre, l’assunzione, medesima, di alcuni farmaci, quali: antibiotici e antiacidi o determinate condizioni patologiche come l’ipocloridria, sindrome da malassorbimento, diarrea ecc. possono rallentare o addirittura ridurre l’assorbimento del minerale (alimenti quali thè, caffè, cacao latte e derivati sono da evitare vicino l’assunzione di cibi ricchi di ferro).
Inoltre l’acido fitico (la forma di deposito del fosforo che si trova in diverse piante e nella crusca dei cereali, nelle noci, nei semi e nei legumi) ha l’effetto di ridurre l’assorbimento dei minerali durante il pasto, compreso il Fe. Insieme all’acido fitico e fitati, vi è l’acido ossalico e ossalati contenuti negli alimenti vegetali, in modo particolare nel cacao, nei cereali integrali, negli spinaci, nei legumi e nel rabarbaro.
Esistono però piccole accortezze e metodi di preparazione che possono ridurre la quantità di acido fitico nel cibo: una fra tutte è la pratica dell’ammollo dei legumi e cereali, prima della cottura. Ulteriore accorgimento può essere quello di inserire nell’acqua di ammollo, di cereali, acqua e aceto di mele non pastorizzato o succo di limone per una notte intera. I legumi, invece, possono essere messi a bagno per una notte in semplice acqua.
Perché diamo così tanta importanza all’assunzione di ferro? Qual è la causa maggiore della mancata assunzione di ferro e vitamina B 12? Avete mai sentito parlare di Anemia? …
Esistono diverse forme di anemia, da carenza di acido folico, di vitamina B12 e da carenza di ferro. L’anemia comporta una ridotta capacità del sangue di trasportare ossigeno ai tessuti ed è il sintomo di numerose patologie ematologiche e non ematologiche, più o meno gravi. Il deficit di Ferro si manifesta con astenia, affaticabilità, nei casi più gravi cefalea, palpitazioni, nevralgie, turbe vasomotorie, facilità alle infezioni ed anemia di ferro. Ma seguendo un alimentazione vegetariana e vegana, se ovviamente ben bilanciata in tutti i suoi nutrienti ed adeguatamente supplementata ivi vi sia la necessità, si può raggiungere un livello di ferro adeguato. Diversamente, l’importanza della vitamina B12 è ricondotta prettamente alla sintesi dell’emoglobina; ma è, inoltre, necessaria per sostenere il metabolismo del tessuto nervoso, delle proteine, dei grassi e dei carboidrati. Difatti la carenza di vitamina B12 può essere la causa di disturbi a carico del sistema nervoso e della crasi ematica (ovvero si verifica un arresto della divisione cellulare dovuto alla impossibilità di utilizzare i cofattori del folato coinvolti nella sintesi di DNA ed RNA). Tuttavia, i soggetti estremamente carenti hanno normali concentrazioni di emoglobina, con nessun aumento del volume globulare medio (Lindenbaum et al., 1988).
Cosa consiglio ai miei pazienti?
Per stare in salute, oltre ad una sana alimentazione, è importante tenersi sempre attivi, scegliere uno sport settimanale che ci appassioni o semplicemente muoversi quanto più possibile nella quotidianità, più scale, più camminate e bici per andare a lavoro riducendo l’uso di macchine o mezzi pubblici.
Dott.ssa Hilary Di Sibio,
Biologa Nutrizionista