La Sindrome del colon irritabile, comunemente ma in modo inesatto chiamata colite, è definita come un insieme di disordini funzionali dell’intestino caratterizzati da dolore e/o fastidio addominale diffuso. Si tratta di una patologia molto frequente nella popolazione, associata a cambiamenti del canale intestinale (alvo), a modificazioni della forma delle feci e a gonfiore addominale con: spesso diarrea , alternata da stipsi  e spesso associata a cefalee, ansia e depressione.

L’andamento è cronico con carattere fluttuante e nel corso degli anni le riacutizzazioni dei sintomi coincidono con eventi stressanti, sia di tipo fisico (es. interventi chirurgici, infezioni virali o batteriche), che di tipo psichico (es. stress, separazioni, lutti)

Le cause sono molteplici e, nello stesso individuo, non è riconoscibile un singolo fattore scatenante. Da un lato vi sono fattori psico-sociali, come il comportamento verso le malattie, aspetti cognitivi ed emotivi; dall’altro fattori biologici, come la predisposizione e la suscettibilità individuale, alterazioni della motilità del tratto digestivo, la sensibilità dei visceri, la percezione soggettiva del dolore, la flora batterica ed infezioni intestinali. La sindrome, in genere, si presenta a fasi alterne: in alcuni periodi i disturbi migliorano, in altri compaiono nuovamente (si riacutizzano).
I disturbi possono scatenarsi dopo aver consumato determinati cibi o bevande. Alimenti speziati o troppo grassi, bevande alcoliche o contenenti caffeina possono causare un peggioramento dei disturbi, così come l’ansia e lo stress.

 

Sintomi ricorrenti che conducono a riconoscere e diagnosticare la Sindrome del colon irritabile:

è la presenza di dolore addominale frequente (almeno un giorno a settimana nell’arco degli ultimi tre mesi) associato a due o più delle seguenti condizioni:

  • alterata frequenza di evacuazione (indicativamente si intende per “alterata” più di tre evacuazioni al giorno o meno di tre evacuazioni a settimana),
  • alterata forma delle feci (feci grumose, a pezzi o acquose),
  • passaggio delle feci alterato (sforzo, urgenza, o sensazione di evacuazione incompleta),
  • gonfiore o sensazione di distensione addominale,
  • presenza di muco.

 

La DIAGNOSI:

L’accertamento (diagnosi) della sindrome del colon irritabile deve essere fatta dal medico. Se anni fa, dal lontano 1900 questa patologia era conosciuta e diagnosticata soltanto attraverso l’esclusione di malattie più gravi di tipo infettivo o tumorale, più recentemente nel 2016 sono stati generati dei criteri diagnostici specifici, i criteri di Roma IV,, che riconducono la sindrome del colon irritabile al più grande gruppo dei disturbi funzionali gastrointestinali (FGID)  anche detti disordini dell’interazione intestino-cervello (DGBI).

Dolore addominale presente almeno un giorno a settimana nei precedenti 3 mesi e associato a:

  • Cambiamento della frequenza della defecazione
  • Cambiamento di forma e consistenza delle feci

Secondo i criteri di Roma IV la sindrome del colon irritabile può essere pertanto così classificata:

  • Sindrome del colon irritabile con predominante stipsi
  • Sindrome del colon irritabile con predominante diarrea
  • Sindrome del colon irritabile mista
  • Sindrome del colon irritabile non classificabile.

 

Dunque, le cause sono molteplici, i sintomi sono polimorfi, i cibi che scatenano la sintomatologia sono soggettivi dunque non è davvero semplice la gestione di questa patologia che richiede l’ausilio di uno specialista. A tal proposito, ci tengo a rimarcare che la patologia è quella che presenta, tra tutte, una elevata soggettività, in quanto ci sono delle linee guida chiare sugli alimenti “problematici”, che causano la sintomatologia, differiscono da caso a caso in base alla sensibilità individuale a certi cibi: esistono dunque delle linee guida/indicazioni specifiche per la patologie su alimenti permessi e da evitare ma è, altresi, necessario farsi guidare da una specialista per individuare insieme i cibi incriminati ed imparare a gestire al meglio la propria alimentazione.

Sulla base di questo aleggia molta confusione, data la molteplicità di sintomi e soggettività alimentare, sulla base del quale i pazienti, dal suo canto, si sentono spesso disorientati; questo senso di confusione è dato da 3 motivi in particolare:

  • Nonostante i sintomi siano più o meno chiari e si conoscono i cibi consigliati e da evitare, il ruolo della dieta, e di alcuni alimenti, nella sindrome del colon irritabile non è ancora ben definito;
  • La manifestazione dei sintomi è polimorfa e varia da soggetto a soggetto (stipsi, diarrea, alvo alterno, meteorismo, crampi e dolore intestinale, ansia, stress, depressione) e spesso, nello stesso paziente, il disagio intestinale si manifesta con aspetti clinici diversi e che si modificano nel tempo;
  • Nonostante sia innegabile che la dieta influisca in modo incisivo sulle manifestazioni cliniche, ma gli alimenti che possono esacerbare i sintomi variano da paziente a paziente.

 

 

Ma vediamo quali sono le regole generali da seguire con il COLON IRRITABILE?

Utile potrebbe rilevarsi la messa in pratica di alcuni accorgimenti, tra cui:

  • Tenere un diario alimentare; (annotarsi i cibi che scatenano la reazione, considerata l’elevata soggettività)
  • Mangiare lentamente; (evitando di ingerire aria e di consentire, altresì, un adeguata masticazione senza appesantire ulteriormente l’intestino nella fase digestiva, già e spesso difficile per molti)
  • Consumare pasti leggeri e frequenti;
  • Per evidenziare gli alimenti in grado di causare reazioni, possono essere utili diete di esclusione/reinserimento dei cibi sospettati;
  • Aumentare/ridurre l’apporto di fibre in base al profilo sintomatologico; (le fibre o cibi integrali possono rivelarsi in alcuni pazienti la causa scatenante della sintomatologia e in altri la cura; motivo per cui è fondamentale farsi aiutare da un professionista per non incorrere in carenze o adottare strategie errate)
  • Ridurre l’apporto di lattosio, mono-, di- e polisaccaridi fermentabili e polioli; quasi sempre causano la reazione.
  • Ridurre l’apporto di cibi grassi; (così come i fritti, i soffritti, i cibi confezionati etc.)
  • Ridurre l’apporto di alimenti che aumentano la produzione di gas intestinali (da tutte le verdure fermentescibili, broccoli, cavolfiori; NB: per esempio i legumi sono la causa di molti fastidi intestinali, alla maggior parte dei pazienti, pertanto al 99% vengono spesso eliminati ma in realtà non si dovrebbe eliminarli in modo diretto ma basti trovare il modo di assumerli in forme diverse e capire quale tra quelle risulta essere più tollerata dal singolo soggetto)
  • La fibra deve essere parte integrante della dieta di ogni paziente ogni volta che sia possibile, ma il consumo eccessivo e/o un aumento troppo rapido delle porzioni giornaliere può essere causa di problemi.
  • La frutta disidratata andrebbe evitata, perchè la preparazione richiede l’essiccazione” della frutta fresca per rimuovere l’acqua e questo processo “concentra” tutti gli zuccheri (e quindi i FODMAP) che erano presenti nella frutta fresca.
  • Una dieta rigorosa “senza glutine” per tutta la vita è necessaria solo se è stata diagnosticata la celiachia. La celiachia è una malattia autoimmune che provoca l’infiammazione dell’intestino tenue quando viene ingerito il glutine, è quindi necessario assicurarsi che siano stati fatti adeguati accertamenti per la celiachia prima di limitare il glutine nella dieta. Molti spesso consigliano erroneamente di acquistare cereali senza glutine poiché privi di frumento, ma si sottolinea che nel caso di colon irritabile non è necessario seguire una dieta al 100% senza glutine, ma solo alternarlo ad alimenti gluten-free.
  • Secondo le linee guida dietetiche generali è consigliabile mangiare mangiare 5-6 spuntini al giorno piuttosto che 2-3 pasti abbondanti e questo vale anche per i pazienti affetti da colon irritabile.
  • Rendere lo stile di vita più attivo (abbandona la sedentarietà! Vai al lavoro a piedi, in bicicletta o parcheggia lontano, se puoi evita l’uso dell’ascensore e fai le scale a piedi, etc.); Praticare attività fisica almeno tre volte alla settimana (minimo 150 minuti, ottimali 300). L’attività fisica moderata e a lunga durata concorre ad attenuare i sintomi.
  • Non fumare: il fumo contribuisce a danneggiare le mucose dell’organismo;
  • Eliminare gli stress ambientali utilizzando al meglio il tempo libero a disposizione, ritagliandosi ogni tanto dei momenti di relax; lo stress e gli stati ansiosi, come abbiamo visto acutizzano o inducono l’insorgenza della patologia
  • Leggere le etichette nutrizionali dei prodotti, soprattutto per accertarsi del loro contenuto in grassi;

 

Per semplificarvi il tutto vi riporto, qui di seguito la lista dei cibi non consentiti, quelli consentiti con moderazione e quelli consentiti e consigliati:

Alimenti non consentiti

  • Sorbitolo, mannitolo e altri dolcificanti presenti nelle gomme da masticare, nella confetteria, nelle caramelle senza zucchero, etc.;
  • Superalcolici e alcolici, compresi vino e birra;
  • Caffè, tè, cola e altre bevande contenenti caffeina. Evitare le sostanze nervine in generale (es: energy drink);
  • Bevande gassate;
  • Condimenti come burro, lardo, panna, margarine e altri alimenti ricchi di grassi, in quanto possono rallentare la digestione (es: intingoli, fritture, etc.);
  • Insaccati come mortadella, salsiccia, salame, coppa, etc.;
  • Alimenti precotti o pronti, sia industriali che artigianali;
  • Salse elaborate come maionese, ketchup, senape, etc.;
  • Peperoncino, pepe e tutte le spezie piccanti in generale, perché possono irritare le mucose intestinali;
  • Brodo di carne o confezionato con estratti di carne, dadi per brodo;
  • Dolci come torte, pasticcini, marmellata, panna, gelati, etc.;
  • Alimenti preconfezionati o precotti che contengono elevate quantità di “amido resistente ”, una sostanza presente negli alimenti che non viene digerita dal nostro organismo. A causa di questa caratteristica (non digeribilità), l’amido resistente fermenta nell’intestino ma, se presente in quantità eccessive, può scatenare i sintomi della Sindrome e non è quindi adatto alle persone che ne soffrono. Alcune forme di amido resistente sono contenute naturalmente negli alimenti, altre invece, note con la sigla RS3 RS4 (leggere le etichette nutrizionali), si formano attraverso procedimenti chimici e fisici, come avviene nella produzione di merendine e altri prodotti industriali;
  • Fibra della crusca, in quanto può aggravare alcuni sintomi del colon irritabile e pertanto bisogna stare attenti alle eventuali reazioni negative a questo alimento, da valutare in base alla propria tollerabilità.

Alimenti consentiti con moderazione

  • Legumi (es: fagioli, piselli, lenticchie, ceci, fave), a causa del loro potenziale flautogeno;
  • Verdure che durante la digestione producono grandi quantità di gas quali cavoli, cavolfiori, broccoli, etc.;
  • Frutta con potenziale flautogeno come uva passa, banane, albicocche e prugne;
  • Latte (alimento ritenuto a rischio), da limitare soprattutto in associazione ad intolleranza al lattosio (qui la dieta apposita);
  • Alimenti integrali, valutare la tolleranza individuale.

Alimenti consentiti e consigliati

  • Acqua, bere almeno 1,5-2 litri al giorno (preferibilmente oligominerale naturale).
  • Pane, pasta, riso, crackers, etc. derivati da qualsiasi varietà di cereali. Quelli meglio tollerati sono segale, orzo, avena e grano intero bianco senza glutine;
  • Pesche (fresco o surgelato). È consigliabile consumarlo, nelle dosi prescritte, almeno tre volte alla settimana, preferibilmente cucinato alla griglia, al vapore, arrosto o al forno purché il tutto venga cucinato senza far friggere i condimenti;
  • Carne (scegliere tagli magli e senza grasso visibile): manzo, vitello, vitellone, pollo, coniglio, tacchino, lonza di maiale e cavallo. Prediligere la cottura alla griglia, arrosto, bollitura, al forno o anche in umido, purché il tutto venga cucinato senza far friggere i condimenti;
  • Latticini freschi e yogurt, quest’ultimo se integrato con probiotici può agire positivamente sulla flora intestinale;
  • Formaggi stagionati come che non contengono naturalmente lattosio(dovuto al processo fermentativo che ne comporta la perdita, può essere un ottimo sostituto di un secondo piatto a base di carne o uova. Questo formaggio può anche essere consumato giornalmente grattugiato (un cucchiaio, 10 grammi) per insaporire i primi piatti, minestre o i passati di verdura. Il Grana Padano DOP è un concentrato di latte, ma meno grasso di quello intero con cui è prodotto perché viene parzialmente decremato durante la lavorazione. Inoltre, il suo consumo incrementa l’apporto proteico dei pasti e favorisce il raggiungimento del fabbisogno giornaliero di calcio; ovviamente senza eccedere nell’assunzione settimanale secondo le linee guida della dieta mediterranea
  • Frutta. Consumare circa due-tre frutti di medie dimensioni al giorno, a seconda della tollerabilità, preferibilmente con la buccia (se commestibile e ben lavata). In particolare, i kiwi, oltre a contenere una buona quantità di fibre per riequilibrare l’intestino, possono potenziare l’azione delle fibre prebiotiche;
  • Verdure. Le fibre permettono una buona contrazione dell’intestino (peristalsi), favorendo quindi il transito intestinale. Preferire quelle molto ricche in fibra grezza come carciofi, insalata, bieta e quelle che contengono i fruttoligosaccaridi (FOS) come asparagi, pomodoro, carote, porri, cicoria;

 

Vi ricordo sempre che, come già indicato, la dieta ideale per chi soffre di colon irritabile è abbastanza soggettiva, in quanto gli alimenti tollerati da alcuni soggetti possono risultare causa di sintomi per altri e che inoltre queste indicazione devono essere considerate previo consiglio/guida di uno specialista.

Recentemente intorno a questa problematica e all’alta percentuale di prevalenza della popolazione è stata studiata e messa in atto,  più che una dieta, delle indicazione costruite per i soggetti che soffrono di queste problematiche Se in passato ci si limitava a suggerire ai pazienti una serie di alimenti da eliminare, sono state identificate alcuni indicazioni di massima che sembrano valere per tutti coloro che soffrono di questa condizione al punto tale da crearne una strategia più strutturata che prende il nome di Dieta low-Fodmap. Dunque, anche in tal caso, se si decide di seguire le indicazioni della dieta FODMAP è vivamente consigliabile di farlo sotto lo stretto controllo di un professionista (dietologo, nutrizionista, …), che garantirà che la dieta rimanga comunque sana, completa e bilanciata.

FODMAP è un acronimo che sta per “Fermentable Oligo-saccharides, Disaccharides, Mono-saccharides and Polyols”. La dieta low fodmap è quindi un regime alimentare basato sulla iniziale eliminazione e il successivo graduale reintegro di “Fermentabili Oligo-, Di- e Mono-saccaridi e Polioli” ovvero una serie di carboidrati a corta catena quali: lattosio, fruttani, fruttosio, galattani (tutti Saccaridi) e polialcoli (Polioli) quali sorbitolo, mannitolo, xilitolo e maltitolo.

 

Più semplicemente si tratta di zuccheri dall’alto potere fermentativo , una dieta ricca di questi zuccheri alimenta i sintomi più comuni della sindrome dell’intestino irritabile (pancia gonfia, meteorismo, dolore addominali, irregolarità intestinali). Al contrario, secondo uno studio della University of Michigan (Stati Uniti) pubblicato su Gastroenterology, una dieta “low-FODMAP” porta ad una riduzione dei sintomi e ad un generale miglioramento della qualità della vita.

La dieta Low fodmap ha uno scopo salutare: diminuire l’infiammazione intestinale limitando gli alimenti che la possono causare. Lo scopo è una sorta di “reset” dell’intestino e un reintegro successivo degli alimenti “incriminati”.

Nel caso di colon irritabile, questi carboidrati vengono assorbiti male nell’intestino e successivamente vengono fermentati ad opera dei batteri intestinali, con conseguenti sintomi dolorosi. La dieta low FODMAP non agisce sulle cause del colon irritabile, ma ne evita il peggioramento. Purtroppo sono molti gli alimenti che contengono queste sostanze: la dieta va seguita rigorosamente, secondo un preciso protocollo – per un totale di circa 7 settimane – così strutturato:

–       Fase iniziale di eliminazione totale, con dieta priva di cibi FODMAP

–       Fase di reintegro, o Challenge test, con graduale reintroduzione dei cibi, per capire quali sono i cibi meglio tollerati e in che quantità.

 

In conclusione, il consiglio più importante per coloro che sono affetti da colon irritabile è quello di imparare ad ascoltare il proprio corpo e imparare, con l’esperienza, ad adattare consigli alimentari, indicazioni dietetiche e strategie alimentari al proprio caso, che rimane unico e non ripetibile e di non farlo senza l’ausilio di un professionista!

 

 

Io e Cecicilia di @deliciousbreakfast  dedicheremo 2 appuntamenti mensili in cui risponderemo alle vostre curiosità e domande con le informazioni  nutrizionali -scientifiche + una ricetta ad hoc in base al tema scelto!!

…Trovate la ricetta creata da Cecilia di @deliciousbreakfast creata per voi e specifica per il colon irritabile- CLICCA QUI 

 

 

 

 

 

 

 

Dott.ssa Hilary Di Sibio Biologa Nutrizionista

?Master in Nutrizione in Cucina & Antiaging

?Nutritional consultant (Consulente Nutrizionale per Aziende e Ristorazione)

?‍?Docente di Nutrizione SIFA

?Certified Personal Trainer

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Mostra i commenti sul post